GLI ANNI TROPPO BREVI

 

Sono nato intorno al gennaio del 1994, almeno così aveva stabilito un veterinario del canile di Via Adamoli nel 1998, affibbiandomi la bella età di anni quattro. Questi primi, ipotetici, anni non devono essere stati un granchè, se ero finito al canile. Ma magari invece stavo benissimo e solo la sfortuna mi aveva condotto là. Non lo saprete mai, resterà sempre il mio mistero… che aggiunge ulteriore fascino alla mia già notevole personalità.

Per fortuna al canile ci sono stato pochino, circa 3 mesi. Poi, una domenica, una coppia di giovani venne ad aggirarsi fra le gabbie. Avevano subito un furto in casa e cercavano “un cane di media taglia, piuttosto giovane, di buon carattere” per fargli fare il lavoro del cane da guardia. Io ero sul retro della mia gabbia e subito non li vidi neanche. Il mio compagno di cella mi disse che lui doveva essere una specie di megalomane, visto che sembrava molto affascinato da un Pastore dei Pirenei, una specie di elefante bianco di 60 o 70 kg. Lei, incline alla difesa degli ultimi e reietti, aveva invece preso in simpatia un bastardino di nome Gino ed un meticcio, poveraccio, tremante e terrorizzato da chissà quale trauma infertogli da quei fetenti che sono a volte, o spesso, gli umani. Nell’imbarazzo di dovere scegliere in mezzo a tanta sfiga e tanto dolore, i due decisero di chiedere consiglio ad una volontaria. Fortuna vuole che fosse una di quelli che ero riuscito ad ingraziarmi e lei, togliendomi uno o due anni di età e facendomi molta pubblicità, propose di portarmi a fare un giretto. Mi presentai al meglio, vivace ma educato, senza un abbaio. Loro erano totalmente incapaci di gestirmi, capii subito che lui era una specie di babbeo dal cuore d’oro. Però quel giorno se ne andarono. Pensai che anche questi fossero le solite meteore.

Invece, tre giorni dopo, lui tornò da solo, in pochi minuti firmò due fogli e mi portò via da quell’inferno.

Era il 19 marzo 1998, certe date non si dimenticano.

Già il giorno dopo capii che Roberto, detto Skeno, mi avrebbe fatto vivere in mezzo alla gente. In occasione di una festa per la laurea della Robi mi ritrovai in giardino una valanga di persone, con cui fraternizzai senza problemi. Mi coricavo, alzavo la zampina e mi facevo grattare la pancia. Ha funzionato benissimo fino ad oggi!

I primi tempi furono un po’ strani. Volevano che io stessi in giardino. E io stavo in giardino, solo che mi piazzavo in piedi davanti alla finestra della sala e li guardavo, li guardavo, li guardavo… Il primo a cedere fu ovviamente Skeno, che cominciò a farmi entrare in casa.

La prima volta che mi portarono a spasso ero così emozionato che mi schiantai contro il vetro del portone! Non l’avevo visto…

Mi portavano in giro al guinzaglio, tentando di educarmi (ero già educato: mai sporcato in casa!), vidi anche che Skeno si documentava sulle abitudini di noi cani e cercava di addestrarmi a suon di biscottini, nel giardino della scuola di Via Fabrizi. Gli diedi qualche soddisfazione ma senza mai cedere troppo della mia indipendenza. Soprattutto imparai che sedendomi e guardandolo fisso potevo ottenere da lui praticamente qualsiasi cosa!

La Roberta mi portava a fare passeggiate mattutine, lamentandosi di quanto tiravo. Avevo una gran volgia di vivere e di correre. Presto la mia vera risorsa per farmi dei gran giri divenne la sorella di Skeno, Laura, che mi portava a fare splendide camminate in campagna. Quando arrivava lei erano feste a non finire, anche se ho sempre riservato una buona accoglienza a tutti. Gli amici di Skeno erano sempre anche miei amici. Ma Laura, la “zia”, è speciale.

In quel periodo imperversavano anche le nipotine Martina e Margherita, a cui non sembrava vero di avere un peluche semovente fra le mani. Il resto della famiglia si teneva un po’ a distanza, diffidente. Ogni tanto Skeno e Roberta sparivano per un po’, e mi stava dietro la Laura. Una volta che non c’erano la Marghe si mise in testa, lei di kg 20 ed anni 7, di portarmi al guinzaglio ed io, senza accorgermi, la trascinai per tutta la piazzetta mentre lei non mi mollava per paura di perdermi. Risultato: ginocchia orrendamente sbucciate.

Arrivato dal canile un po’ sottopeso (il rancio là non era granchè), feci un po’ fatica ad abituarmi al menu casalingo, ma presto diventai un atletico cagnone di 30 kg, ben allenato dai giri nei boschi.

In quel periodo feci le prime delle mie proverbiali fughe (in realtà avevo solo voglia di farmi un po’ gli affari miei e loro pensavano che scappassi). Fui ritrovato una prima volta a Nervi grazie ai pescatori del porticciolo che, visti i cartelli appesi dai miei umani, telefonarono a casa, stufi della caccia che davo ai loro gatti. Una notte in giro e ritorno alla normalità. Una seconda volta fui assalito da quel fetente di Blaze, a tradimento, e scappai, verso Nervi, inseguito da Skeno che alla fine mi recuperò nel piazzale della scuola Emiliani, all’ora della campanella in mezzo ai ragazzi. Quella volta rischiai di perdere l’umano, lo avevo fatto correre per 2 km, a digiuno e con il pastrano verde indosso! Poco tempo dopo di nuovo feci una fuga verso Nervi con inseguimento sulla passeggiata, in mezzo alla folla del sabato pomeriggio, e poi nei parchi. Andavo sempre verso levante, altro mio piccolo segreto… Anche con Laura spesso mi “allontanavo momentaneamente”: ore ed ore di ricerche, per poi farmi ritrovare alla macchina. Mica ero fesso! Un’altra attività in cui eccellevo era il furto o recupero di cibo. Skeno tentava di farmi leccare la carta della pizza ed io gli rubavo l’intero trancio, vedevo una famigliola introno alla grigliata e zac! mi procuravo una bistecca. Oppure mi infrattavo in qualche cespuglio e ne uscivo con ginocchia, zoccoli, resti animali vari. La mia passione sono sempre state le pecore, le capre ed i caprioli. Una volta, nella foga, al passo del Turchino uccisi un agnello. Ero molto soddisfatto, la Laura mica tanto. Spesso le fughe erano dovute a questa passione, altre volte a qualche bella cagnettina in calore che annusavo nell’aria. Una volta a casa di Michele e Serena (erano ancora i tempi in cui ogni tanto mi lasciavano legato) invece rischiai l’impiccagione ma mi liberai, segando il guinzaglio coi denti. Grazie alla scoperta dell’efficienza dei dentini a seghetto mi feci anche un giro a Rossiglione, partendo dal Gargassa. Quella volta rischiai di perdere la Laura che si spaventò tantissimo.

Intanto il tempo passava, Skeno mi portava fuori sempre di più e la Robi sempre di meno (ormai per lei ero un cane privilegiato e non riscuotevo più gran successo), passavo le giornate fissando la porta di casa, sul tappeto dell’ingresso e sospirando. Litigavano spesso, io me ne stavo in disparte, mi facevano un po’ paura. Una volta, dopo una lite, vidi Skeno piangere con la testa fra le mani e la Robi in un’altra stanza. Feci due veloci conti su chi mi voleva più bene (un po’ opportunista lo sono sempre stato) e, già che di base preferivo Skeno, non ebbi esitazioni: andai a consolarlo leccandogli la faccia. Era fregato per sempre!

Quello che non mi è mai andato giù è che una domenica sì ed una no se ne andasse a vedere la Samp lasciandomi a casa. In compenso la domenica “no” si andava ad arrampicare o in gita. Una volta a Finale mi dovette anche imbragare per farmi passare una corda fissa, che bruttissima esperienza! Ma la pagò: altre volte lo feci penare, di fatto arrampicava sempre poco, dovendo recuperarmi a destra e manca. Una volta Mark (quello che tutte le volte che veniva a casa nostra tentava di rimanere al mio posto) mi recuperò che stavo “discutendo” con un enorme caprone nella grotta dell’Edera. E oltre a Finale si andava a Riva, a Deiva, a Sciarborasca, spesso con Paolo. Un giorno, tornando da Finale, quando ancora in macchina mi tenevano legato perché ero un po’ agitato, Francesco non si accorse che mi stavo “garrotando”. Se ne accorse Skeno sentendomi rantolare… urka che rischio!

Qualche tempo dopo successe un fenomeno strano: Skeno stava in casa ma non mi portava in giro, usava due bastoni per camminare dal divano al bagno e viceversa. Boh. Successe anche qualche anno più tardi, quando stava male non mi portava fuori, ma il problema è che io non capivo bene quando stava male!

Dopo un’altra vacanza (e io a casa, uffa), una sera di luglio del 1999 Skeno rientrò da uno dei suoi giri “con le corde” e mi trovò a casa, da solo. La Robi non torno più e dopo un po’ capii che avevo definitivamente perso uno dei due miei liberatori.

Iniziò però un bel periodo: nel weekend Skeno mi portava al SOS in Val Trebbia, una gabbia di pazzi dove tutti mi volevano bene e dove soprattutto me ne stavo in giro tutto il giorno per i fatti miei, per tornare, distrutto, alla sera. Quasi due anni dopo scoprirono dove andavo: o a elemosinare carne dai gitanti che si facevano le grigliate sul fiume o, peggio, a cacciare le caprette di Brugnello. Mi tradì un’aggressione ad una capra che avevo inseguito giù dalla rupe di Brugnello fino nel Trebbia. E Skeno pagò le cure…

Oltre al SOS, quando si stava a Genova, c’era sempre un sacco di gente che girava per la casa: amici, cene, ospiti vari che si fermavano anche per lunghi periodi. Io e Skeno diventammo sempre più appiccicati, cominciai ad essere un po’ più ubbidiente e lui cominciò a portarmi ovunque.

Skeno è una persona semplice e le persone semplici amano i cani. Le persone complicate invece preferiscono quelle stupide bestie che sono i gatti. I gatti, ogni tanto li inseguivo, una volta invece una gattona mi aggredì e mi spaventai. Comunque in genere li ignoravo, anche perché Skeno mi sgridava molto se provavo a prenderli.

La Laura continuava ad essere una certezza per quanto riguarda i boschi e le assenze di Skeno. Anche la mamma di Skeno (in pratica mia nonna) cominciò a frequentarmi più spesso e ad ospitarmi in casa, col nonno che un po’ mugugnava, più per rispettare un ruolo che per reale fastidio, mentre la nonna Bia (nonna di Martina e Margherita) mi foraggiava abbondantemente di formidabili pastasciutte. Insomma avevo una famiglia!

Quell’anno, sempre il 1999, Skeno aveva deciso di andare in Peru e quindi doveva allenarsi. Si andava, insieme al suo amico Luca (che mi adorava), a correre tre o quattro volte alla settimana, ci divertivamo a fare le gare nella via che dalla passeggiata di Nervi risale verso Capolungo. Lo allenavo bene, Skeno. Partivo più veloce ma poi lo lasciavo vincere. Durante una gita sul monte Rama inseguii uno splendido capriolo e Skeno mi ritrovò un’ora più tardi sotto un’albero: ero mezzo morto di fatica. Il riposo sotto l’albero dopo un inseguimento esaltante era un classico: anche a Colle degli Ometti mi ritrovò un signore che chiamò Skeno a casa… tanto per cambiare ero scappato a Laura durante un giro sul Monte Moro. Quell’anno scoprii anche la neve. Prima però, proprio il 30 dicembre, dei ragazzini mi fecero scoppiare dei petardi vicino e scappai spaventatissimo. Persi anche il collare. Quella volta Skeno pensò davvero di non trovarmi più, senza collare chi mi poteva riconsegnare? Nessuno, semplicemente mi feci trovare sotto casa, una decina di ore dopo la fuga. Sulla neve compii invece una delle mie più memorabili imprese. Martino e Skeno mi volevano lasciare in cantina mentre se ne andavano a sciare con tutta la cumpa: la Gabry, la Monica, Ale (con cui giocavo tantissimo), Luca, Coppo (che mi avrà accarezzato tre volte in 7 anni!). Riuscii ad aprire la porta, saltare la rete del giardino e mi avvistarono negli specchietti retrovisori sulla strada che scendeva a Morgex! Finì che Skeno sciò mezza giornata, visto che al mattino mi fu costretto a portarmi a spasso sulla neve di La Thuile… e me ne tornai a Genova con Ale, a giocare (anche) coi suoi nipotini. Eh sì che mi passavo una giornata in cantina!

Sono sempre stato amico di tutti. In quel periodo cominciamo a frequentare assiduamente il depu, dove c’era sempre la mia migliore amica, la Joce, una giovane dobermann conosciuta sul monte Moro, con cui giocavo fino allo sfinimento. Nel 2000 Skeno passò un brutto periodo, incasinato ed un po’ depresso, mi rendevo conto che ero importante per lui ed io cercai di non deluderlo mai. Sfruttavamo le grigliate ai Cica (soprattutto io) e gli facevo sempre compagnia. Certo, lo tenevo un po’ sulla corda con qualche fuga qua e là, ma niente di che. Una volta al Gargassa sparii per un’oretta e tornai distrutto, nemmeno Fabio (il miglior dog sitter del mondo) riuscì a farmi giocare, tanto ero stanco. Per far piacere al mio umano mi dovevo anche sorbire tutte le squallide partite dell’Atletico Lanterna, sempre meglio che stare sul terrazzo da solo. Del resto in casa ci si stava proprio poco, a parte qualche giorno in cui nessun altro della famiglia era disponibile per sostituire il mio amico numero 1. In casa non mi divertivo per nulla, del resto non so leggere e non mi interessa guardare il commissario Rex in TV. Quando ero solo passavo le mie giornate sul tavolo del giardino, così da controllare dall’alto il passaggio anche in Via Gibilrossa, oppure mi piazzavo attaccato alla ringhiera a farmi fare le coccole da Nuvi, la dalmata dei vicini che snobbavo in quanto vecchietta, come sono io adesso. Oppure, quando proprio non se ne poteva più, mi auto-mettevo “alla gogna”, con le zampe nei rombi bassi ed il muso nel rombo alto della ringhiera del terrazzo. Verso la fine del 2000 Skeno fece un altro viaggio ed io, mentre lui era via, mi presi un piccolo malanno: una zampa con una ferita che non guariva mai. Divenni famoso nel quartiere perché giravo con la scarpina. Poi le scarpine divennero due, come le zampe ferite. Poi mi dovettero tagliare una falange della zampa posteriore sinistra perché l’infezione era troppo seria. Poco male, le mie prestazioni rimasero sempre di buon livello.

Fu un bel periodo, Skeno riuscì a risolvere un po’ dei suoi casini e in più cominciò a frequentare, con la scusa di altre squallidissime partite di calcio della squadretta del posto dove lavorava, un’umana con cui mi trovavo proprio proprio bene: la Sara, una sua collega.

In quanto ad essere babbea ed in quanto a cuore d’oro se la giocava con Skeno! La tipologia era quindi quella giusta. Mi improvvisai Cupido e feci anch’io la mia parte, perché intravedevo sviluppi interessanti. Anche il caso contribuì. Una volta, in gita al Gorzente con Franco e gli Argys, me ne andai per una delle mie caccie ai caprioli e mi recuperarono dei ragazzi di San Bartolomeo, in valle Scrivia. Il mio recupero da parte di Skeno si trasformò in un’altra buona scusa per telefonare alla Sara, che abitava a Montoggio.

Insomma, com è, come non è, presto mi ritrovai di nuovo con due umani a coccolarmi e foraggiarami e questa volta tutti e due efficientissimi e “cotti” di me! Skeno in quel periodo fece anche un sito internet su di me, con le foto delle gite, degli umani e degli amici. Aveva delle debolezze, ma comunque mi trattava sempre da cane e questa è una cosa che mi è sempre piaciuta, mica aspiravo a diventare un oggettino da salotto!

Unica turbativa, durata qualche mese, la presenza in casa della babbatta, un ravatto di donna a cui Skeno aveva affittato una camera. Non la considerai mai, ricambiato. Però grazie a questa situazione io e Skeno (che, come me, non la sopportava, la gattara) eravamo sempre in giro. L’estate di quell’anno fu molto divertente: tutte le sere che non mi portava in giro con Sara, Skeno mi portava giù sul depu con la “cumpa dei cani”: Joce, Willy, Luna, Chantal (era bellissima, ho sempre tentato di entrare nel suo giardino, fino a quando un giorno scomparve ed io ci rimasi malissimo), Nero, Milo (odiosetto…), Giuditta. Ero diventato l’idolo del depu perché avevo difeso la cumpa da Danko. Lo sottomisi e non si fece più vedere. Con gli altri cani ho sempre cercato di andare d’accordo, mi picchiavo solo se proprio mi aggredivano e tutto sommato non le ho mai prese. I grossissimi facevo finta di non vederli, filandomela “all’inglese”, i piccoli li ho sempre trattati con bonomia. Quando eravamo sul depu e proprio qualche cane non mi andava, partivo e tornavo a casa da solo, mentre Skeno continuava a chiacchierare e finiva per ritrovarmi davanti al portone. Altri animaloni come i cavalli e gli asinelli invece mi facevano proprio paura ed in loro presenza facevo delle scene decisamente poco dignitose, nascondendomi dietro Skeno.

Con gli umani, come sempre, mai un problema! In autunno feci un’altra grande fuga, sul monte di Portofino, dietro alle caprette selvatiche. Skeno dormì in macchina e mi recuperò solo il giorno dopo a San Fruttuoso, facendosi una bella camminata, in casa di un anziano contadino che ovviamente mi aveva preso in simpatia e rifocillato. Ma Skeno era lo stesso felice per avermi ritrovato. Il rientro da una fuga seguiva un copione collaudato. Da lontano capivo se Skeno era più contento o più arrabbiato. Se era più arrabbiato mi fermavo a cinque metri da lui, mi sedevo con le orecchie basse ed il musetto contrito dal pentimento e ascoltavo i suoi rimbrotti. Tanto dopo 5 minuti era tutto come prima! Il capodanno lo passammo in mezzo alla neve, che camminata per arrivare al rifugio Vigevano! Addirittura un giorno sprofondavo fino al collo e dovemmo tornare al rifugio più basso, con Skeno che mi chiuse in bagno per non sentirmi russare (e Sara che rideva)! Cacciato il ravatto da casa, dopo Natale, Skeno si fece un altro viaggio (un mese, ma poi mi disse che io e Sara gli eravamo mancati tantissimo!) ed io tante passeggiate con Laura e Sara. La seconda ferita alla zampa me la trascinai fino a questo momento, ma alla fine il dott. Colajacomo scoprì che avevo un principio di Leishmaniosi e mi curò a dovere. Guarii benissimo e tornai in gran forma, stavo bene e mangiavo di tutto. Più di ogni altra cosa mi piaceva il gelato, una vera passione, avevo la “tangente” fissa sul cono. Mi sedevo guardando in su e cominciavo a leccarmi i baffi finchè non arrivava qualcosina. Non che i dolci mi facessero troppo bene, una volta esagerai col tiramisù e poi, insomma, lo accusai un po’.

Il mio unico dovere (che mica me lo sono mai dimenticato quale fosse il mio lavoro) è sempre stato solo quello di fare la guardia, infatti fra i miei meriti c’è anche quello di avere sventato un furto a Montoggio. Certo, sicuramente sono più bravo a fare andare d’accordo le persone, che di questi tempi non è una dote da poco.

Venne poi un periodo ancora più bello, eravamo sempre in giro a fare gite. In macchina avevo imparato a stare sul sedile posteriore della Punto, tutto bello composto. All’andata bello pimpante, al ritorno bello ronfante, ed ogni tanto mi divertivo a scoreggiare e loro erano costretti a subire specialmente in inverno! Andammo in Verdon, dove mi toccò l’esperienza del giro in pedalò e le tremende scalette del Sentiero Martel. Ma fu una bellissima vacanza, con tanti amici. Spesso d’estate si andava ai laghetti di Nervi dove, in assenza di capre, passavo il pomeriggio a cacciare lucertole. Poi in inverno tornammo sulla neve dove mi divertivo ad inseguire Skeno e Sara sugli sci. Tecnica semplicissima: culo per terra e freno con le zampe anteriori. Purtroppo poi mi toccavano le cabinovie o peggio, la bidonvia di Lurisia, una cosa paurosa! Ogni tanto mi toccava anche andare alle riunioni del CAI, sempre roba di corde.

Vabbè, ma dove lo trovavo un altro che mi permetteva di fare amicizia col macellaio Palmino dove, a forza di parlare di Samp, spuntava una palletta di carne tritata per me? Che poi non ho mai ben capito cosa fosse questa Samp, immagino una specie di Atletico Lanterna ma dai cui giocatori non posso ricevere coccole. Coi palloni del resto non ho mai giocato volentieri, invece mi piacevano le palline da tennis da mordere ed i giochini coi sonagli. Il mio massimo erano Pinocchio, i nanetti e le palline rumorose. E si che ero un cane già di una certa età… cominciavo ad avere il musetto bianco (e Skeno a perdere i capelli). I giochini mi erano molto utili per sfogare la mia gelosia quando Skeno e Sara avevano ospiti a casa, cosa di per sé innocua, non fosse stato che mi saltava il giretto serale. Ultimamente gli ospiti spesso arrivavano con dei paciocchini umani con cui dovevo giocare, e fare buon viso a cattivo gioco. Ma in fondo la cosa non mi dispiaceva nemmeno troppo.

Nel 2003 la Sara, in concomitanza dell’altro strano periodo di Skeno con i bastoni per camminare, venne a stabilirsi a Genova. Io cominciai ad essere più pacato e maturo, continuai ad avere le mie solite abitudini e ne presi alcune di nuove. Per esempio, dopo il giretto serale (sempre diretto da me) loro due si guardavano la TV ed io giù a russare, lappare, sognare ed ogni tanto a farmi fare le coccole in mezzo a loro. Poi a nanna in cuccia quasi senza bisogno che mi dicessero nulla, mi bastava essere cullato per una decina di minuti dal rumore della TV e poi mi alzavo per uscire. Solo quando faceva molto freddo ottenevo di restarmene sul divano. In cuccia continuavo i miei sogni agitati, tanto che Skeno dalla stanza poteva sentire il rumore delle mie zampate sulla cuccia. Al mattino invece, mi facevo sempre trovare pronto ad entrare in casa, a parte poche volte che dovevano venire a svegliarmi in cuccia, dove ronfavo beatamente. Quella porticina che Skeno mi metteva sulla cuccia all’inizio dell’inverno mi faceva stare al calduccio. Di giorno presi a stare sempre di più in cucina, sempre pronto a scroccare qualcosina dalla loro tavola. E finito di mangiare avevo la mia solita bottiglia di plastica da stappare. Se per caso quando uscivano senza di me si dimenticavano aperte le porte delle camere mi ritrovavano sempre su un letto (o per lo meno trovavano le mie tracce).

Skeno e Sara non litigavano mai e quelle poche volte che parlavano solo un po’ più forte o che ridevano, arrivavo io a fare da paciere, anche se non serviva. Il capitolo “corde”. Ormai avevo capito che quando c’erano le corde in giro a me toccava restare a casa. Non mi sono mai piaciute le corde. Però qualche volta c’era l’eccezione, come quando andammo in Corsica. Zaini (altro brutto segno), corde, preparativi. Sembravo condannato. Ed all’ultimo momento Skeno mi disse: “Vieni?”. Che felicità! La solita corsa su per le scale e poi indietro, giù a rotta di collo, per passare dal garage, come tante altre volte. Qualche volta prendevo anche delle sberle per terra, specialmente se avevano passato la cera nelle scale, perchè scivolavo e mi schiantavo sul muro o sulla porta. Questo fetente del mio umano si divertiva a farmi gli scherzi, specialmente quando sapeva che alla fine mi avrebbe visto contento. Io lo ricambiai scivolando su uno spettacolare toboga… non è vero… scivolai da tonno ed infatti rimasi anche un po’ offeso dalle loro risate!

Ma c’è qualcosa o qualcuno che mi dà fastidio? Certo, una cosa che non ho mai apprezzato è il lavaggio, quello stupido profumo che mi resta addosso… il cagno ha da puzzà! E poi la giornalaia di Via Fabrizi, con quella voce tremenda. E non mi piacciono i rumori violenti: un anno decisero di rimanere a Capodanno a Genova e i botti furono per me un incubo. Non per niente ad ogni temporale arriva la nonna a prendermi e portarmi su da loro  per non lasciarmi solo e terrorizzato.

Nel complesso in questo periodo vivo una vera pacchia, invecchio ma ho sempre qualcuno che mi cura, ormai da tempo ho conquistato tutta la famiglia. Addirittura Marco, il fratello di Skeno, riesce ad essere rilassato, proprio lui che ha il terrore di noi cani, ed anche sua moglie Giorgia che mi sopporta bene e mi fa i complimenti.

E poi Montoggio, un altro paradiso: un bel giardino, un’altra nonna (Carla) che mi ingozza di cosine buone e tanti bimbi da far giocare: Davide, Serena e Marghe. Ogni tanto mi stufo e cerco di isolarmi, con la complicità di Didi, ma specialmente il tremendo Fede mi dà del filo da torcere. La Serena in realtà saliva sulle sedie tutte le volte che mi vedeva, manco fossi un topo. Poi conquistai anche lei ed ora è una delle mie fan. E poi avevo un’amichetta che mi piaceva tanto ma che era sempre dietro un cancello! A Montoggio ogni tanto me ne andavo a spasso per i fatti miei. Una volta la Sara e Davide mi cercarono in tutto il paese, ma io ero semplicemente andato al bar sulla piazza a cercare qualcosa da scrocc… ehm da mangiare.

Nel 2004 Skeno e Sara andarono in Bolivia e quasi non me ne accorsi (scherzo!). Quando andavano via corrompevano la Marghe e la Martina per portarmi in giro al posto loro! E con la Laura i soliti giri ovunque in Liguria. Poi andammo fino a Lecce, dove un signore di nome Giovanni mi fece compagnia per tre giorni e dove tutti mi coccolavano. Decisamente un bel posto! E poi di nuovo in Corsica, vacanza memorabile! Una notte una cagnetta di passaggio mi concesse le sue grazie. Non la rividi più, chissà se ci sono dei Rexini che girano per Traliceto...mi piace pensarlo. Questa estate le mie amichette preferite furono la Gina, una shitzu pazza, e Kira, una bella labradorina di Udine. Kira riusciì a farmi nuotare per una giornata intera nei laghetti del Gorzente. Ad andarmene in giro quella volta non ci pensai nemmeno! In autunno continuavamo a fare gite, mi stancavo (non sono più un cucciolone), ma avevo il lunedì per recuperare. E sul depu nuovi amici: Ralph, Nemo, Aldo, Brina, Margot. Con la pioggia la Sara mi impose un orrendo impermeabilino rosso, per me una vera umiliazione, subivo senza fiatare, ma cercavo di tornare a casa velocemente. E poi in quel periodo ci facevamo dei bei giri anche con gli amici torrentisti, a Nervi e di nuovo al monte di Portofino. Ormai ero diventato la mascotte del gruppo. A Sanremo ne feci una grossa: avevo mal di pancia e “pralinai” di cacca Serena, la bimba di Fulvio. Che figuraccia!

In inverno passammo Capodanno di nuovo sulla neve, in Trentino, con Kira, Marco, Lisa e tutti i loro amici. E qui, altre due fughe verso i camosci, con Skeno che si arrabbiò di brutto. Dopo la gita sull’Argentea con la neve dovetti riposare per due giorni, puff, che stanchezza! E poi il monte Pennone, il monte Penna, il lago della Tinna ghiacciato, lo sci di fondo al Passo del Chiodo con Nanni, colui che mi chiamava semplicemente “scoreggione” (chissa perché…), i giri nei monti dietro casa.

Un posto che mi piaceva tantissimo erano i prati sopra Case Poragine, con l’erbetta sempre tagliata, quell’aroma di pecorelle e tutt’intorno le tracce dei miei veri idoli, i lupi. Lì ero proprio felice, a correre su e giù, con Skeno e Sara ad arrancare e farmi fotografie manco fossi un divo del cinema.

Stavo bene, tanto che difesi Sara dall’aggressione di un grosso cane lupo, quella volta fui veramente un grande! Ero fierissimo di quello che avevo fatto e Skeno forse più di me.

A Gennaio di quest’anno mi è ricomparsa la Leishmaniosi, questa volta più seriamente. Né io né gli umani gli abbiamo dato troppo peso, io ero un po’ più debole ma tutto sommato “andavo” sempre. I soliti giri sul depu, le serate a Montoggio, le riunioni al CAI, i giri con Laura, le passeggiatine con la nonna, le cene con gli amici di Skeno e Sara. Ce ne siamo stati in Corsica, con anche la Laura che mi portava a spasso o al mare mentre loro erano in giro con le corde (sempre ‘ste corde). A fine luglio ho rischiato grosso: una prostatite da cui mi ha salvato Colajacomo. Ho recuperato velocemente ed abbiamo curato per bene la Leishmaniosi ed anche quella è andata a posto. E mentre mi curavano, mi hanno pure portato una settimana in montagna (sono arrivato fino al Lammerenhutte, mica male per un relitto!). E poi un weekend al mare (che a me il mare in realtà fa schifo, però comunque sto in compagnia) in Toscana. Me lo ricordo più che altro per le orrende crocchette che mi propinavano a cena. Al mare me ne stavo sotto il mio ombrellone, al massimo una o due volte andavo a rinfrescarmi ma per il resto attuavo una sorta di sciopero bianco della mia funzione di compagno peloso.

Ma, oltre a tutto il resto, da un po’ di mesi mi erano comparsi dei tumori nel sedere, bisognava operare per toglierli. Non che fossi tanto contento, ma fiducioso sì, e poi vedevo Skeno e Sara molto tranquilli. Fatto sta che, dopo due giorni bruttini mi sono un po’ ripreso (martedì sera ho pure segnato un po’ di territorio, anche se con l’aiuto di Skeno). Da giovedì sera però sto di nuovo malissimo.

Skeno e Sara non capiscono… anche se lui mi deve aiutare a muovermi e fare pipì, ho la flebo nella zampa perché non mangio più (e se mangio vomito), e si sente chiaramente che il mio cuore è in affanno e che respiro male.

A questo punto, ad un cane come me, che ha vissuto in continuo movimento, sempre vitale, sempre attivo, sempre contento (gli occhioni maliconici erano “tutta scena”…), che cosa resta da fare?

Trasmetto questi ricordi a Skeno mentre mi fa le coccole e mi sorveglia. Ed una cosa è fatta.

Poi mi riprendo un attimo, mi sposto orgogliosamente sul mio tappeto nell’ingresso davanti alla porta, li lascio mangiare.

Poi chiamo Skeno e Sara vicino a me e, in un attimo, vado a farmi un’altro “giretto”, più lungo del solito.
Ora hanno capito. E’ il 24 settembre 2005, certe date non si dimenticano.

 

Vi ho amato, tutti, come solo un cane sa fare.